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Norme e sanzioni per le parti comuni in condominio

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Condominio

Lo spazio, un bene condiviso o le parti comuni in condominio devono essere a disposizione di tutti, ma anche manutenuti. In caso contrario, la giurisprudenza può intervenire specificando ruolo, interventi e sanzioni.

Il condominio è obbligato ad adottare tutte le misure necessarie affinché le cose comuni non rechino pregiudizio ad alcuno (Corte Appello L’Aquila 13/09/2021 n.1309).

La responsabilità del condominio per i danni lamentati dal proprietario di un immobile è evidente laddove provengano da parti comuni in condominio dell’edificio a causa della scarsa, cattiva, insufficiente o assente manutenzione del fabbricato, dell’omessa realizzazione di opere di natura conservativa delle parti comuni, ovvero della mancata adozione da parte dell’assemblea delle determinazioni di competenza in materia di lavori di manutenzione ordinaria e/o straordinaria.

La responsabilità ex articolo 2051 del Codice civile postula la sussistenza di un rapporto di custodia della cosa e una relazione di fatto tra un soggetto e la cosa stessa, tale da consentire il potere di controllarla, di eliminare le situazioni di pericolo che siano insorte e di escludere i terzi dal contatto con la cosa (tra molte: Cassazione. 29/07/2016, n. 15761- Cassazione n. 13595/2021).

Misure necessarie per le parti comuni in condominio

L’articolo 2051 del Codice civile prevede un’imputazione del danno al custode della cosa sulla sola base del nesso causale fra la cosa stessa e l’evento dannoso. Il fondamento della responsabilità è dunque costituito dal rischio di provocare danni a terzi insito nella cosa, che la legge imputa al responsabile per effetto del rapporto di custodia. In tema di condominio è indiscutibile che l’ente di gestione ha la custodia delle parti comuni.

Quindi, il condominio di un edificio, quale custode dei beni e dei servizi comuni, è obbligato ad adottare tutte le misure necessarie affinché le cose comuni non rechino pregiudizio ad alcuno. Il condominio è certamente custode dei beni comuni esemplificativamente indicati dall’articolo 1117 del Codice civile (per esempio, tetto, fondamenta, muri maestri, suolo, impianti comuni, cornicione, elementi della facciata non di proprietà privata).

Data prova del rapporto causale tra la cosa e l’evento dannoso, indipendentemente dalla pericolosità o meno o dalle caratteristiche intrinseche della prima, unico elemento discriminante è il caso fortuito, rappresentato da fatto naturale o del terzo, connotato da imprevedibilità e inevitabilità, da intendersi però da un punto di vista oggettivo e della regolarità causale.

Peraltro, le modifiche improvvise della struttura della cosa incidono in rapporto alle condizioni di tempo e divengono nuove intrinseche condizioni della cosa stessa, di cui il custode deve rispondere.

Pertanto, quanto più la situazione di possibile danno è suscettibile di essere prevista e superata attraverso l’adozione da parte dello stesso danneggiato delle cautele normalmente attese e prevedibili in rapporto alle circostanze, tanto più incidente deve considerarsi l’efficienza causale del comportamento imprudente del medesimo nel dinamismo causale del danno. (Cassazione n. 2482/2018).

parti-comuni

Infiltrazioni

In un caso specifico affrontato dal Tribunale di Catanzaro (sentenza 1076/2023) il problema della infiltrazione derivava da diverse cause. L’acqua si infilava dal canale di gronda non sigillato ed in parte mancante. Dalle diffuse lesioni dell’intonaco delle pareti esterne. Dalle mancate sigillature degli elementi in facciata.

Tali situazioni comportavano la condanna del condominio convenuto a eseguire i lavori e, in particolare:

1) intervento di manutenzione straordinaria sul tetto;

2) risanamento dei canali di gronda, realizzando prima uno strato protettivo di guaina bituminosa impermeabile, sul quale dovrà essere posta in opera una scossalina protettiva, in lamiera zincata o in rame, in grado da garantire la perfetta tenuta all’acqua, consentendone un rapido deflusso attraverso il discendente pluviale;

3) intervento di manutenzione straordinaria sulle facciate dell’edificio, al fine di realizzare una corretta protezione delle stesse, provvedendo, in primis, alla radicale rimozione di tutto l’intonaco esistente;

4) posa in opera di uno strato di intonaco grezzo a base cementizia (di livellamento), posa di cappotto esterno termo isolante, rasatura armata con rete fina da intonaco e posa di strato di finitura della tinta opportuna. Interventi che il consulente stimava in oltre 89 mila euro.

Risarcimento

Nel contempo, il Tribunale provvedeva alla domanda di risarcimento dei genitori del danno non patrimoniale per quel che riguarda la posizione dei minori. Infatti, risultava dimostrato che l’esposizione alle muffe e/o umidità domestica si associa alla maggiore prevalenza di sintomi respiratori, asma e danni funzionali respiratori.

Per questi motivi il Tribunale di Catanzaro, in accoglimento della domanda attrice, condannava il condominio al risarcimento del danno non patrimoniale subito dai minori, liquidato in via equitativa nell’importo complessivo di mille euro (500 per ciascun minore), oltre rivalutazione monetaria e interessi legali dalla domanda sino al soddisfo.

Impermeabilizzazione

Il Tribunale di Bergamo con sentenza 1743 2023 ha individuato, invece, la causa delle infiltrazioni in un difetto di impermeabilizzazione della terrazza sovrastante all’attrice.

Pertanto, si condannava il condominio ai lavori di rifacimento delle strutture murarie dell’immobile, oltre al rifacimento dell’intonaco e tinteggiatura delle pareti e dei soffitti. Allo stesso modo trovava accoglimento la domanda di condanna del condominio al risarcimento del danno da lucro cessante, cosiddetto danno figurativo da mancato godimento dell’immobile.

In tal senso, la quantificazione del risarcimento veniva stabilita dal giudice sulla base di elementi presuntivi semplici, mediante ricorso al cosiddetto danno figurativo e, quindi, con riguardo al valore locativo del cespite (ex pluribus Cass 18740/2019; Cass. 20545/2018).

Gli attori facevano riferimento al valore locatizio dell’immobile. indicando il periodo a partire dal quale non hanno potuto usufruire dello stesso, quantificandolo nella somma di 800 euro mensili.

di Luca Bridi

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Autore: Michael