Ecotech, nuove regole per le caldaie: sfide e opportunità

La Epbd Case Green ha prorogato al 2040 l’installazione di nuove caldaie a metano, favorendo sistemi più sostenibili. Le caldaie a condensazione restano valide, ma si aprono alternative come pompe di calore e impianti ibridi. Ecotech analizza sfide, opportunità e rischi di conformità.
Con la Epbd Case Green a marzo 2024 il Parlamento Europeo ha prorogato dal 2030 al 2040 il termine per l’installazione di nuove caldaie a gas metano, al fine di consentire ai consumatori di accedere a sistemi più sostenibili e performanti dal punto di vista tecnologico e costi meno gravosi in termini di adeguamento.
La proroga riguarda solo le nuove installazioni di caldaie a condensazione, che devono essere in classe energetica A o superiore, mentre per le caldaie tradizionali, e con classe energetica inferiore alla G, la dismissione resta obbligatoria (per quelle in classe inferiore alla F l’obbligo scatterà invece dal 2030, mentre per i modelli sotto la classe E la sostituzione sarà imposta dal 2035).
Ma le caldaie a condensazione non sono l’unica opzione per efficientare l’impianto di riscaldamento: sono infatti a disposizione sul mercato anche alternative, quali le pompe di calore o gli impianti ibridi che combinano anche sistemi fotovoltaici.
Non tutte le soluzioni però sono intercambiabili, spiega Massimo Chirico, amministratore delegato di Ecotech, azienda di Cormano (Milano) specializzata nell’installazione di canne fumarie, impianti a gas e idraulici, manutenzione caldaie e verifiche antincendio.

A sinistra Massimo Chirico, amministratiore delegato di Ecotech a destra Matteo Chirico, responsabile manutenzione Ecotech.
Per le caldaie si apre un nuovo orizzonte normativo: cosa cambia?
Per quanto riguarda gli impianti autonomi, o gestiti da impianti a metano, l’ultimo aggiornamento normativo è fermo al 2015, con la norma 7129, in cui sostanzialmente venivano delineate nuove disposizioni per la rimozione delle caldaie a camera stagna, le cosiddette turbo, accelerando di fatto l’avvento delle caldaie a condensazione.
Sono quasi dieci anni che, quando si parla di riqualificazione dell’impianto termico, si pensa solo all’installazione di caldaie a condensazione o di caldaie centralizzate.
La direttiva europea Ecodesign, e la successiva direttiva europea Casa Green, hanno messo in crisi questo sistema, generando delle preoccupazioni. In realtà, più che le caldaie a condensazione, si è esplicitata la necessità di eliminare gli impianti alimentati da combustibili fossili.

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Cosa si intende per caldaie a premiscelazione?
Si tratta di caldaie a condensazione a camera stagna che presentano al loro interno uno scambiatore che ha la capacità di recuperare il calore prodotto dalla generazione dei fumi e trasmettere questa energia al circuito di riscaldamento fino a diventare condensa.
Su questo devo aggiungere che la canna fumaria ha una valenza non secondaria sulla sicurezza, sull’efficienza e sul rispetto delle norme.
Di fatto la canna fumaria è molto più importante del generatore e deve rispettare determinate disposizioni progettuali e normative. Purtroppo, nella realtà non è sempre così.
Quali sono i problemi connessi con questo nuovo quadro regolamentare?
Si è creata una forte incertezza. Tutti gli operatori, compresa la Ecotech, sono molto attenti alle innovazioni tecnologiche, come i sistemi ibridi e le pompe di calore, ma di fatto c’è un riscontro molto basso in termini di installazioni reali e di costi, senza contare la durabilità di questi sistemi nel tempo.
Alcune tipologie di impianti, come il fotovoltaico collegato ad esempio a una pompa di calore, a oggi hanno un’aspettativa di vita che, molte volte, non riesce ad ammortizzare del tutto i benefici.
C’è un altro aspetto di cui si parla poco legato all’imprevedibilità degli eventi atmosferici. Insomma, la necessità di migliorare gli impianti termici si scontra con la concretezza delle proposte che oggi è fondamentalmente più commerciale che tecnica.
Ci sono macchine innovative ma nella realtà trovano difficoltà attuative, sia in termini di risorse economiche che di prestazioni a livello energetico.
Che cosa rischia un condominio che non si mette in regola?
I rischi per un condominio sono rimasti invariati dall’entrata in vigore della legge 46/90, in cui c’è stata una svolta in termini di individuazione delle responsabilità ed è stata introdotta per la prima volta la dichiarazione di conformità. Il rischio in un condominio fa capo nelle parti comuni all’amministratore e prevede una responsabilità penale.
Laddove c’è una difficoltà di funzionamento dell’impianto, per mancanza di manutenzione periodica, per negligenza del condomino o dell’amministratore nel caso di impianto centralizzato, il rischio si traduce in un aumento delle possibilità di intossicazione da monossido di carbonio.
Questo pericolo è più accentuato in presenza di impianti di vecchia generazione a camera aperta, sia caldaie per uso promiscuo sia scaldabagni per la produzione di acqua calda sanitaria. In quest’ultimo caso c’è una lacuna normativa spaventosa, in quanto non è prevista manutenzione periodica nonostante si tratti di impianti a gas.
Rispetto al passato, è aumentata la sensibilità al pericolo di intossicazione da monossido di carbonio, ma ci sono ancora molti impianti che non vengono manutenuti e controllati, se non a seguito di una ordinanza comunale o dell’Asl, o quando c’è necessità di cambiare il sistema.
C’è anche un pericolo di incendio?
Il pericolo incendio legato a un impianto autonomo con caldaia è scarso. Generalmente questo rischio riguarda altri tipi di impianti, come stufe a pellet o caminetti a legna di vecchia generazione, ma anche in questi casi la manutenzione riveste un ruolo fondamentale.
Spesso i residui di resina e legna si depositano nella canna fumaria e, se non viene pulita, possono subire un processo di carbonizzazione e generare un incendio. Ci sono stati diversi casi di tetti che hanno preso fuoco proprio perché è stata trascurata la manutenzione dell’impianto e dello stesso camino.
Una adeguata manutenzione degli impianti a legna è indispensabile per scongiurare il pericolo di incendi, mentre nel caso delle caldaie a condensazione la manutenzione è legata all’efficienza del sistema e a scongiurare il rischio di intossicazione da monossido di carbonio.
Ogni quanto va effettuata la manutenzione?
Ad eccezione del periodo di garanzia, in cui ogni casa madre richiede un controllo annuale, la manutenzione dell’impianto termico, in particolare di quello autonomo, è da effettuarsi ogni due anni e comprende la cosiddetta prova fumi.
La consuetudine in ogni caso prevede di fare un controllo ogni anno e la prova fumi ogni due anni: in questo modo il cliente si assicura il buono stato di salute dell’impianto termico, oltre alla propria sicurezza.
Che cosa rischia un amministratore condominiale in caso di mancata manutenzione?
L’amministratore è responsabile della gestione delle parti comuni. Per parti comuni intendo canne collettive, canne collettive ramificate e canne centralizzate per le centrali termiche.
La canna fumaria a tutti gli effetti è una parte comune che fa capo come responsabilità di verifica all’amministratore del condominio: in caso di segnalato pericolo o non intervento, l’amministratore è il primo indiziato.
Cosa rischiano i proprietari?
La manutenzione dell’impianto autonomo che viene allacciato alla canna collettiva fa capo al condomino, quindi ne risponde il conduttore, mentre sull’impianto condominiale è responsabile l’amministratore.
Qualora non venga fatta manutenzione, i proprietari si espongono a sanzioni amministrative di centinaia di euro, ma soprattutto possono rischiare il blocco dell’impianto laddove si dovessero effettuare delle verifiche. Il conduttore ha l’obbligo di fare la manutenzione o il rischio anche per loro è molto alto.
In quali zone operate?
Il nostro raggio d’azione si estende su Milano città e provincia. Abbiamo eseguito lavori anche a Lodi e Monza.
Che cosa comporta mettere a norma una caldaia?
Per mettere a norma una caldaia non funzionale, sia a livello di efficienza della stessa che dello scarico, paradossalmente la prima cosa è verificare il sistema fumario. Purtroppo, lo fanno in pochi. È molto più importante, cavilloso e responsabile verificare come adeguare una canna fumaria, che non installare una caldaia autonoma.
Ancora oggi, a causa di un pregiudizio legato alla buona fede o a un ottimismo di superficialità, si pensa che installare una caldaia sia una semplice attività idraulica, ma così non è.
Oggi per installare una caldaia a condensazione è necessario conoscere anche l’elettronica, avere competenze per poter inquadrare correttamente l’intervento che si deve fare, quindi conoscere la tipologia di canna fumaria a cui la caldaia andrà collegata.
È anzi la prima domanda da porre. Alla fine di ogni intervento viene poi rilasciato un documento, la dichiarazione di conformità, che deve rispettare delle norme ben precise.
Quindi, oltre ad avere competenze idrauliche, che tipo di preparazione deve avere l’installatore?
L’impianto ha una complessità nel suo insieme che va gestita nella sua progettualità. Quindi sicuramente oltre alle competenze idrauliche, l’installatore deve avere competenze termotecniche ed elettroniche. Rispetto a qualche anno fa, l’attività dell’installatore è molto più complessa.
C’è una certificazione sugli installatori?
I requisiti per svolgere questa attività sono diventati più restrittivi e fanno capo alla Camera di Commercio di riferimento. Si tratta delle cosiddette abilitazioni di settore: per operare nel comparto dell’installazione di sistemi termici il professionista deve possedere le lettere C (attività di riscaldamento, di climatizzazione, di condizionamento e di refrigerazione di qualsiasi natura o specie, comprese le opere di evacuazione dei prodotti della combustione e delle condense, e di ventilazione ed aerazione dei locali ndr) ed E (attività per la distribuzione e l’utilizzazione di gas di qualsiasi tipo, comprese le opere di evacuazione dei prodotti della combustione e ventilazione ed aerazione dei locali, che sono tra riscaldamento e impianto termico ndr).
Più che una certificazione è un’abilitazione camerale, tant’è che uno degli allegati obbligatori della dichiarazione di conformità è proprio la copia della visura camerale che certifica i requisiti tecnico-professionali del responsabile tecnico dell’azienda installatrice.
Oggi per alcuni tipi di impianto non è più sufficiente l’abilitazione, ma è necessario produrre anche il progetto con lo schema dell’impianto e normativo.
Purtroppo, in alcuni casi, le dichiarazioni di conformità rilasciate non producono anche gli allegati, che invece costituiscono un aspetto importantissimo. La progettualità non si può fermare all’abilitazione.

L’immagine si riferisce all’intubaggio di una canna fumaria realizzata con guaina termoindurente non a norma.
Quali sono gli impianti che sono soggetti all’obbligo di progetto?
Il progetto è sempre obbligatorio. Possiamo però dire che per gli impianti sotto i 50 kW può essere prodotto direttamente da un responsabile tecnico, che può essere anche una persona esterna alla società di installazione, mentre per gli impianti oltre i 50 kW deve essere redatto direttamente da un professionista iscritto all’albo.
La dichiarazione è molto importante e non va sottovalutata nella compilazione perché, in caso di problematiche, è il primo documento ufficiale che può essere contestato.
Quali sono dunque le prospettive per le caldaie a gas?
Per ora la prospettiva è legata esclusivamente al 2040, data che è stata fissata dalla Comunità europea come termine ultimo per la dismissione di questi impianti. La nostra esperienza sul campo ci permette di allargare questo orizzonte temporale oltre questi 15 anni: per ora non ravvisiamo criticità legate alla non installazione, e chiunque abbia un problema di riscaldamento o acqua calda sanitaria intende comunque mantenere un impianto autonomo o centralizzato.
Quindi qual è la scelta giusta da fare oggi?
In caso di rinnovamento dell’impianto termico o centralizzato, la scelta è sempre legata allo studio della situazione esistente. Spesso nei condomini che montano scaldabagni solo per la produzione di acqua calda sanitaria viene proposto il passaggio a un impianto elettrico come alternativa, ma alla fine la scelta ricade sempre sull’impianto a gas perché a oggi risulta ancora la soluzione più efficiente, economica e sicura.
Per quanto riguarda invece impianti che necessitano anche di riscaldamento, c’è sicuramente una propensione a passare alle caldaie a condensazione, sia che gli apparecchi preesistenti siano a camera stagna, fuori produzione dal 2015, o a camera aperta.
Devo dire che anche su questo argomento c’è molta confusione da parte degli operatori, perché molti condomini sono convinti che le caldaie a camera aperta non siano più in produzione, quindi, molte volte si vedono costretti a fare scelte obbligate anche quando non è necessario.
In molti casi è infatti possibile installare caldaie a camera aperta. La professionalità è il nocciolo della questione: è importante studiare e considerare il progetto nel suo complesso.
Si parlava prima della lacuna normativa che riguarda gli scaldabagni: ci può spiegare meglio cosa intende?
Da diversi anni si parla di rendere obbligatorio il libretto di impianto anche per gli scaldabagni in modo da avere una periodicità di manutenzione, ma nella sostanza questo non è ancora avvenuto.
Sugli scaldabagni c’è uno scarso investimento da parte delle società produttrici a migliorare i propri prodotti. Da diversi anni Radiant ha lanciato sul mercato uno scaldabagno a condensazione omologato, ottimo in termini di efficienza e affidabilità, creando a mio parere un’innovazione sostanziale.
Oltretutto questo prodotto ha anche dimensioni compatte che agevolano l’installazione. Per la sola produzione di acqua calda sanitaria, in un condominio o nelle realtà plurifamiliari si presta molto più l’installazione dello scaldabagno a condensazione.
C’è anche una terza via, quella ibrida, di cosa si tratta?
Sostanzialmente è l’evoluzione delle caldaie a condensazione. Si tratta di una caldaia integrata a sistemi quali pompe di calore e/o fotovoltaico. È un passo importante legato al risparmio energetico e all’inquinamento atmosferico, ma anche qui è necessario uno studio di fattibilità e una verifica. Spesso si va infatti a cozzare con il sistema fumario esistente.
In sintesi, l’ibrido è assolutamente un’evoluzione dell’impianto tradizionale ma nella realtà dei fatti trova importanti difficoltà di installazione nei condomini plurifamiliari, mentre può rappresentare una valida soluzione per le case indipendenti.
Il taglio agli incentivi per le caldaie rischia di pesare significativamente sul settore?
Sicuramente ha creato una reale preoccupazione tra novembre e dicembre 2024, che però è andata lentamente a scemare. Sicuramente lo sconto in fattura, soluzione che esisteva anche prima dell’entrata in vigore del superbonus 110%, sarebbe stata ancora un’ottima formula per incentivare l’installazione di nuovi sistemi più efficienti e migliorare progressivamente la situazione.
Ritengo la sua eliminazione un eccesso di severità nei confronti degli utenti. I prezzi si sono abbassati, ma per molti fare un investimento per la sostituzione dell’impianto rappresenta comunque un impegno economico importante.
Qual è l’impatto della direttiva europea Case Green?
C’è una forte aspettativa da parte degli operatori, non quelli che si occupano del settore impiantistico, ma anche tra le imprese che hanno una vocazione esplicita nella riqualificazione esterna delle facciate e dei tetti.
C’è anche un grande lavoro di studio e preparazione per quanto riguarda la proposizione di sistemi globali di servizio, ma come ogni novità ha bisogno di tempo per essere assorbita, quindi, probabilmente serve ancora una attività di sensibilizzazione.
Quindi quale tecnologia scegliere per il riscaldamento in condominio?
Come detto prima, bisogna valutare soluzioni su misura. Paradossalmente tecnologie troppo innovative potrebbero essere controproducenti per alcuni impianti, perché non supportate dai preesistenti.
Innovare troppo un edificio che non riesce a supportarlo è un errore, sottovalutare la sostituzione di alcuni impianti è un errore: il giusto compromesso è quello di analizzare lo stato di salute di un edificio e fare scelte prudenziali.
Non esiste tecnologia che possa essere proposta senza un’accurata diagnosi strutturale e impiantistica.
Quali servizi offre Ecotech rispetto a canne fumarie e caldaie?
Opero nel settore delle canne fumarie dal 1995. L’ attività è rivolta alla verifica e riqualificazione di canne fumarie e caldaiette. Gli impianti non riguardano solo quelli antecedenti alla legge 46/90 ma anche quelli successivi.
In molti casi, si è reso necessario intervenire su lavori già eseguiti (per esempio, utilizzo di guaina termoindurente). Oltre alle canne ci occupiamo anche di riqualificazione di impianti autonomi e centralizzati.
Il progetto è obbligatorio anche per le canne fumarie?
Il progetto è necessario anche se un impianto comprende solo la canna fumaria sia essa singola che collettiva. La di.co infatti riporta tra gli allegati obbligatori proprio il progetto.
Dopo 35 anni dall’ entrata in vigore della legge 46/90 si sono ridotte notevolmente le irregolarità ma tuttavia molti impianti sono stati realizzati senza il rispetto delle norme.
di Veronica Monaco