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Un condomino ostacola la scelta della detrazione fiscale: che fare ?

Condomini a MIlano

Il ricorso alle detrazioni fiscali per deliberare i lavori di ristrutturazione del fabbricato condominiale, addirittura con maggioranze più basse del normale se le opere danno diritto al superbonus, se da un lato facilita il percorso decisionale dell’assemblea, dall’altro pone all’amministratore una serie di problematiche di natura amministrativa nella gestione delle posizioni dei condomini che non vogliono dichiarare di avvalersi dell’opzione prevista da decreto Rilancio per il pagamento dei lavori. E tale condotta, con l’avvicinarsi del termine finale della finestra temporale nella quale i bonus possono essere goduti, rischia di mettere in discussione gli interessi degli altri condòmini che, invece, si sono dimostrati collaborativi. Infatti, se per il godimento del superbonus in condominio c’è, per ora, tempo fino al 31 dicembre 2022 (anche se il Documento Programmatico di Bilancio, in attesa della emanazione della legge di bilancio 2022, ha allungato la scadenza al 31 dicembre 2023), il termine finale per il godimento di bonus ristrutturazione al 50% e bonus facciate al 90% è, allo stato, il 31 dicembre 2021. E una eventuale proroga vedrà probabilmente ridotto nell’ammontare della detrazione concessa e con l’incertezza sulla possibilità di cedere il credito. L’amministratore, pertanto, è chiamato a una gestione amministrativa dell’appalto estremamente efficace in modo da non incorrere in colpevoli inadempienze che potrebbero far sorgere in capo ai condòmini il diritto a un risarcimento per aver perso la detrazione fiscale.

Fondo speciale e cessione del credito

Che cosa prevede la costituzione del fondo previsto dall’articolo 1135 n. 4 del Codice civile nell’appalto beneficiato da detrazioni fiscali?

La delibera di approvazione dei lavori straordinari deve obbligatoriamente costituire, ai sensi dell’articolo 1135 n. 4 del Codice civile, il fondo speciale di ammontare pari al corrispettivo di appalto, con la possibilità di alimentarlo a scansioni successive se per l’esecuzione dei lavori sono previsti stati di avanzamento progressivi. In caso di appalto beneficiato da detrazioni fiscali, la possibilità di estinguere il debito esercitando l’opzione prevista dall’articolo 121 d.l. 34/2020 (cessione del credito d’imposta), influisce anche sul modo in cui dovrà essere alimentato il fondo:

  • In caso di opzione per lo sconto in fattura: con il versamento nelle casse condominiali in denaro soltanto per la parte di lavori che, eventualmente, non dà diritto a detrazione, che sarà, invece, ceduta in pagamento con lo sconto in fattura.
  • Per coloro i quali prescelgano la cessione del credito: con un conferimento in danaro nelle casse condominiali dell’intera quota dovuta (l’esborso potrà poi essere reintegrato attraverso l’operazione di cessione del credito).
  • Per coloro i quali prescelgano di non avvalersi di uno dei due modi sopra detti, ma prescelgano la detrazione diretta: con un conferimento in danaro nelle casse condominiali.

A ciò si aggiunga che ogni volta si presentino costi direttamente (per esempio, i lavori che non danno diritto alla detrazione) o indirettamente (il compenso dell’amministratore, del general contractor e le consulenze professionali in materia legale e/o fiscale) collegati all’esecuzione dei lavori, ma non coperti dalla detrazione fiscale, si dovranno conferire in danaro nelle casse condominiali le quote relative a tali costi. Va tenuto a mente che quando la detrazione fiscale è maturata dopo il conferimento di una somma di danaro nelle casse condominiali, tale versamento costituisce il presupposto per il conseguimento della detrazione, così come precisato dall’Agenzia delle entrate per la quale l’omesso versamento di quanto dovuto impedisce di godere della detrazione fiscale.

Cosa fare se il condòmino non collabora ?

Il recupero giudiziale del credito vantato dal condominio è la strada da percorrere, ma poiché è caratterizzata dalle note lungaggini della Giustizia, rischia di portare tutti i condòmini, anche quelli virtuosi, alla perdita delle detrazioni. A ciò si aggiunga che l’appaltatore, messo a conoscenza della presenza di condòmini non collaboranti, porebbe perdere interesse all’esecuzione dei lavori, in quanto consapevole di dover promuovere una costosa e lunga azione giudiziaria per recuperare il suo credito. Inoltre, se il fondo speciale dell’articolo 1135 n. 4 del Codice civile non viene monetizzato, l’amministratore non può iniziare i lavori.

Quali soluzioni per uscire da questo impasse ?

Una prima soluzione è rappresentata dal ricorso all’imputazione del credito di imposta con una delibera assembleare approvata con la maggioranza ridotta prevista dal comma 9bis dell’articolo 119, a condizione che i condòmini ai quali sono imputate le spese esprimano parere favorevole. Grazie a questa previsione normativa si riesce a superare l’ostacolo rappresentato dall’orientamento della giurisprudenza della Suprema Corte, per il quale le decisioni in forza delle quali l’assemblea decide di modificare i criteri di riparto delle spese condominiali devono essere assunte, a pena di nullità, all’unanimità dei condòmini (Cass. 31 luglio 2020 n. 16531). Ma tale nuova norma trova applicazione solo per il superbonus e non si estende agli altri incentivi: in tali casi per non incorrere nella nullità della delibera, si dovrà applicare la regola generale dell’imputazione supportata da una decisione presa all’unanimità dei condòmini. Cosa che appare difficile, in quanto deve essere favorevole anche il condòmino moroso o che rifiuta di collaborare e che, probabilmente, continuerà nella sua contrapposizione per ostacolare il percorso che porta al godimento dei bonus e, quindi, all’esecuzione dei lavori. Anche l’Agenzia delle entrate ha confermato che in caso di bonus facciate, l’imputazione del credito fiscale a soggetto diverso da quello cui spetterebbe, deve essere deliberata all’unanimità dei condòmini. La possibilità di imputare con delibera a maggioranza il credito fiscale ad altri condomini che abbiano prestato il consenso costituisce, quindi, una soluzione al problema dei condòmini non collaborativi che, però, può trovare applicazione solo per il superbonus.

La costituzione di un fondo può sopperire alla temporanea mancanza di liquidità?

Un’altra soluzione praticabile è la costituzione, con deliberazione a maggioranza, di un fondo ad hoc per sopperire ad una specifica esigenza. In sostanza, l’interesse all’utilizzo del bonus fiscale motiva i condòmini virtuosi a versare nelle casse condominiali quanto necessario per consentire all’appaltatore la tempestiva esecuzione dell’opera e la sua ultimazione all’interno della finestra temporale prevista per il godimento del bonus. In tal modo si sopperisce alla mancanza di liquidità determinata da un lato dall’omesso versamento da parte dell’eventuale condòmino contrario di quanto da lui dovuto e, dall’altra, dal tempo necessario per completare l’azione di recupero crediti. Tale soluzione appare legittimata anche dalla giurisprudenza di legittimità, che ha ritenuto che la costituzione di un fondo cassa per sopperire a determinate esigenze sia una scelta legittima rientrante nel potere discrezionale dell’assemblea e non diretta a perseguire finalità extracondominiali (Cassazione 17.08.2017 n. 20135). A tale potere deliberativo dell’assemblea del condominio, da esercitare nelle forme e con le maggioranze prescritte, fa riscontro l’obbligo di ciascun condòmino di contribuire alle relative spese. Ne consegue che tutti sono chiamati a partecipare al fondo cassa, secondo la propria quota millesimale, anche il condòmino che con l’omesso versamento delle sue quote ha creato la carenza di liquidità che si vuole sopperire con il fondo.

Si possono ripartire tra i condòmini virtuosi la quota dei morosi?

Se l’assemblea volesse ripartire tra i condòmini virtuosi la quota dei morosi, la deliberazione dovrebbe essere adottata all’unanimità in quanto contraria ai principi di riparto della spesa fissati dall’articolo 1123 del Codice civile (cfr. Cass. 13631/2001).Un fondo, che, invece, assolva alla finalità di sopperire alla carenza di liquidità e non al pagamento della spesa straordinaria, può essere legittimamente deliberato con la la maggioranza prevista dall’articolo 1136 comma II del Codice civile (cfr. Cass. 11.08.2016 n. 17035). Più recentemente, la Suprema Corte è tornata sull’argomento precisando che la costituzione di un fondo speciale rientra tra le scelte di gestione non sindacabili dalla autorità giudiziaria sotto il profilo dell’effettiva vantaggiosità per la collettività condominiale, anche a copertura di spese che il condominio dovrà affrontare in futuro (cfr. Cass. 25.06.2020 n. 12638). Anche la più recente giurisprudenza di merito ritiene legittima la deliberazione di un fondo a maggioranza per evitare che la carenza di liquidità determini un danno concreto alla cosa comune (principio enunciato da Corte Appello L’Aquila 27.05.2021 n. 827, cfr. Cass. 17035/2016). In tale ottica il ricorso a tale soluzione, potendo garantire da un lato l’esecuzione dei lavori, con conseguente efficientemente energetico/sismico o, comunque, miglioramento del fabbricato condominiale e dall’altro scongiurando il rischio di perdere le detrazioni fiscali per la scadenza della finestra temporale fissata dalla norma, costituisce altra valida soluzione per contrastare la condotta dei condòmini non collaboranti. A ciò si aggiunga, come ulteriore riflesso negativo, che nel caso di bonus facciate l’omesso versamento da parte del condòmino moroso della sua quota determina la conseguente riduzione della detrazione fiscale maturata anche dai condòmini virtuosi.

A cura dell’avvocato Pietro Maria di Giovanni

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