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Addio superbonus, ecco le novità

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Il governo ha allo studio un’ulteriore stretta del beneficio fiscale, che comunque dal 2024 scenderà al 65-70%. Ma tra i lavori trainanti potrebbero entrare i pannelli fotovoltaici. Intanto il conto per lo Stato aumenta.

Conto alla rovescia per i condomini. Scatta il countdown del superbonus. Certo, due anni sull’ottovolante delle modifiche hanno abituato tutti a temere/confidare in modifiche dell’ultimo minuto. Ma bisogna partire da una considerazione stringente: per lo Stato italiano, conti alla mano, il costo del superbonus tende a lievitare mese dopo mese.

Il ministero dell’Economia, che tende a contenere la spesa in vista della legge di Bilancio, fa filtrare cifre sempre più terroristiche o terrorizzanti secondo i punti di vista: le ultime stime indicano dal 2020 ad agosto 2023 un totale di prime cessioni e sconti in fattura per i bonus edilizi a quota 147 miliardi, come ha pronosticato il responsabile Sviluppo di Nomisma Marco Mercatili durante un’audizione alla Camera.

Una cifra stratosferica, che aumenta il debito già spaziale del nostro Paese. E a questo bisogna aggiungere sia i lavori condominiali per cui a metà anno non risultava ancora la segnalazione all’Enea (possibile con almeno il 30% delle opere ultimato) sia il sismabonus, fuori dai radar dell’ente.

Stretta fiscale

Questo per dire che il governo non allargherà di nuovo i cordoni della borsa. Anzi, al momento della stesura di questo articolo la prospettiva è di una stretta ulteriore sulla cessione dei crediti e lo sconto in fattura.

Un giro di chiave che si aggiungerebbe al decreto ammazzabonus di febbraio, che aveva tentato di bloccare di punto in bianco la monetizzazione di bonus, lasciando nel pantano le imprese che avevano accettato la cessione, come prevedeva la legge di Bilancio approvata solo due mesi prima.

La nuova stretta sarebbe accompagnata da una generale revisione del meccanismo. L’idea che circola con maggiore insistenza è la possibilità di una riduzione dello sconto fiscale, che sarebbe disponibile solo per i redditi più bassi. Insomma, pietra tombale sulla riqualificazione a spese dello Stato.

Condominio durante i lavori per l'incentivo superbonus

Condominio durante i lavori per l’incentivo superbonus

 

E Il lato positivo?

Certo, c’è anche il sospetto che il governo ci marci un po’. Gonfiare il costo del superbonus, attribuendo all’incentivo la colpa di frenare le promesse elettorali (assicurate solo 12 mesi fa agli elettori) può essere utile come giustificazione. E serve anche dimenticare che l’incentivo fiscale pesa sì, sulle casse pubbliche, ma non è come un vuoto a perdere, una lattina di aranciata da gettare nella spazzatura.

Sempre secondo Nomisma l’incentivo, senza contare la crescita degli ultimi mesi, ha già permesso di riqualificare il 4% del parco immobiliare italiano, consentendo un risparmio alle famiglie sulle bollette di 30 miliardi. «Circa mille euro per singola unità immobiliare», ha precisato Mercatili ai deputati, sottolineando come il solo 110% ha avuto «un effetto diretto, indiretto e indotto sull’economia pari a 200 miliardi di euro».

Rush finale

Per questo i condomini sono alle prese con un rush finale, prima che da gennaio 2024 l’incentivo fiscale scenda al 70% o ancora meno. In sostanza, sono tre mesi di fuoco per gli addetti ai lavori: imprese, rivenditori, amministratori condominiali. Tutti hanno l’obiettivo di completare i lavori. Le stime indicano in circa 12 miliardi di euro il valore dei cantieri aperti.

Chi non riuscirà a centrare l’obiettivo farà i conti con il taglio del bonus stabilito per il 2024, che era già sceso dal 110% al 90% per chi ha intrapreso la riqualificazione dopo il decreto tagliabonus del governo del novembre scorso a cui si è aggiunto l’ammazzabonus di febbraio, che ha bloccato la cessione del credito.

Non è un problema da poco: non raggiungere la fine dei lavori significa un esborso non preventivato e non schivabile per chi ha confidato nel buon esito del progetto nei tempi giusti. Anche per questo molti cantieri non si sono fermati durante la pausa estiva. Chi ci è riuscito, però.

I numeri

Quanti sono i condomini in bilico? Secondo l’Enea a giugno, gli interventi di riqualificazione energetica dal 2020 a oggi sono stati completati per il 73,7%. In realtà, sono di più. A luglio, per esempio, per quasi 3.700 edifici è stata trasmessa all’Enea la prima asseverazione possibile dopo aver raggiunto un avanzamento di almeno il 30% dei lavori previsti, e ad agosto sono stati avviati oltre 3.300 cantieri, quasi tutti (2.600) condominiali.

Mentre a fine agosto sono state registrate nel corso dell’anno quasi 20,7 miliardi di prime cessioni e sconti in fattura tra superbonus e altri bonus casa: le previsioni per fine anno sono di superare i 30 miliardi. Senza contare che le opere antisismiche non sono monitorate dall’Enea (che si occupa dell’efficientamento dei consumi energetici).

Fuori controllo

Il mercato del superbonus, quindi, nel 2023 è rallentato, ma non si è fermato. Nonostante le mosse del governo, le cessioni del credito da superbonus hanno totalizzato 19,3 miliardi nel 2023, mentre gli altri bonus circa 1,4 miliardi. Anche se il problema della cessione del credito congelata dal governo ha spiazzato imprese e proprietari, c’è una massa di lavori da completare (lavori per circa 12 miliardi), e a questi se ne sono aggiunti altri. E, sembra incredibile visto il clima che si respira in consiglio dei ministri, ma c’è ancora chi spera in un nuovo sblocco delle cessioni congelate. D’altra parte, il governo ha ribadito la volontà di risolvere il problema.

Pura propaganda o volontà concreta di aiutare le imprese in difficoltà? È da vedere. Un obiettivo è stato parzialmente raggiunto con Poste Italiane, che ha comunicato la riapertura degli acquisti, anche se solo da privati. Così chi ha ottenuto a suo tempo un’intesa con un istituto di credito per la cessione del superbonus potrebbe partire con i lavori solo ora.

Certo, il rischio di rimetterci c’è, tra necessità di rispettare la tabella di marcia dei lavori e procedure di cessione dell’incentivo fiscale che devono essere raggiunte. Enea ha anche focalizzato le aree in cui il rischio di perdere il beneficio o, perlomeno, di vederselo decurtato sono maggiori: in Campania solo il 64,5% ha completato le opere, in Liguria il 64,6%, in Lazio il 66,1%.

Fila quasi tutto a meraviglia, invece, in Trentino-Alto Adige (83,7%), dove si trova anche la più alta percentuale di condomìni riqualificati sul totale degli edifici plurifamiliari censiti dall’Istat, cioè il 3,1%. E se questo è il massimo raggiunto, se ne deduce che il lavoro da compiere per riqualificare gli edifici residenziali è ancora lungo, lunghissimo.

Crediti incagliati

Tutti pronti, quindi, per il rush finale? Non troppo. Molte imprese sono ferme o vanno a rilento perché hanno ancora crediti incagliati. Secondo Ance, c’è un forte rallentamento dei cantieri anche perché molti sono a corto di liquidità: dato che non riescono a cedere i crediti acquisiti, le imprese riducono l’attività e rallentano le forniture.

Ci sono anche problemi come quelli relativi alla responsabilità per la sicurezza delle strutture, che resta in capo al coordinatore della sicurezza, oppure il mancato pagamento dei progettisti, che minacciano di non proseguire il lavoro. Difficoltà che si traducono in tempi allungati e, quindi, nella probabilità concreta di sprofondare nell’abisso del 70% o 65%.

Saranno molte le famiglie che si troveranno a dover pagare più di quanto preventivato o, addirittura, a dover saldare i lavori mentre ritenevano di non dover sborsare un euro. La soluzione? Dipende dalla politica: la richiesta è ovvia, cioè, una proroga che sposti la mannaia del 70% che scatta da gennaio 2024, per salvare le imprese, e i condomini, che hanno lavori non ultimati.

Ma di questo il ministro dell’Economia Giancarlo Giorgetti non vuol nemmeno sentire parlare Incubo ricorsi Anche perché non va sottovalutato un altro problema: i cantieri a singhiozzo e i relativi oneri per le famiglie provocheranno un’alluvione di ricorsi che rischia di tracimare nei tribunali, intasandoli di cause civili. La scappatoia richiesta da chi abita in condominio ha un precedente: il decreto Omnibus (Dl 104/2023) che ha concesso ai proprietari di villette di arrivare a fine 2023 con il 110%, invece del precedente termine previsto di settembre.

Analogamente, i condomìni che si trovano a un certo avanzamento dei lavori al 31 dicembre, potrebbero conservare il superbonus anche per il 2024, secondo le due percentuali del 110% o 90% secondo la data di deposito della Cilas.

Magari con un meccanismo che sblocchi la cessione del credito. Un’ipotesi accreditata sarebbe di concedere tre mesi in più fino a marzo 2024, condizionati però al raggiungimento di un Sal (stato avanzamento lavori) da fissare tra il 60%-70 per cento. Solo ipotesi? Forse. Tutto dipenderà dalla nuova legge di Bilancio e dalle disponibilità finanziarie relative. Nel frattempo, si salvi chi può accelerando i lavori.

Incrocio Pnrr

Paradossalmente, uno dei pericoli paventati dagli addetti ai lavori riguarda l’avvio di molte opere del Pnrr, che potrebbero drenare specialisti e semplici esecutori dell’edilizia. Così c’è anche chi sta pensando di rinunciare a opere non strettamente necessarie per raggiungere il salto di due classi energetiche, i cosiddetti lavori trainanti, per sveltire il cantiere e rimanere nei tempi previsti. Non è però una decisione semplice sia dal punto di vista procedurale, dato che occorre un benestare dell’assemblea condominiale, sia dal punto di vista contrattuale con le imprese coinvolte.

Possibili novità

Che cosa succederà, invece, a chi si troverà in zona bonus nel 2024? Va fatta una premessa: nella legge di Bilancio potrebbe (il condizionale è d’obbligo) contenere l’annunciato riordino degli incentivi fiscali. Tra le ipotesi, quella più accreditata indica la concessione delle detrazioni in
base al reddito familiare. Chi ha un reddito nullo o basso, quindi, potrebbe aver diritto ai bonus, gli altri no, oppure in una percentuale ridotta al
50%, quella che è già prevista per le ristrutturazioni.

Lo ha anticipato al Corriere della Sera il sottosegretario all’Economia, Federico Freni (FdI): «Una tutela per i redditi più bassi vuol dire  circoscrivere ulteriormente l’applicazione non tanto del superbonus quanto della cessione. Il superbonus deve tutelare chi i lavori non se li potrebbe permettere, non chi se li può permettere e magari così non li paga».

Il meccanismo del nuovo superbonus sembra quindi riproporre il quoziente familiare introdotto, ma solo per le villette, con la legge di Bilancio dello scorso anno: per accedere allo sconto fiscale del 90% è necessario rientrare nel tetto di reddito massimo di 15 mila euro, calcolato in base al numero dei componenti del nucleo.

Nelle commissioni parlamentari l’ipotesi è già circolata e anche il ministro dell’Economia Giancarlo Giorgetti ha confermato una riforma di questo tipo che, oltretutto, sarebbe coerente con quanto ha indicato il Parlamento Europeo nei mesi scorsi, cioè incentivi legati al reddito.

Ma si tratta, per ora, di un’ipotesi che, in ogni caso, dovrà passare dalla pioggia di emendamenti in Parlamento. Altra ipotesi è quella legata all’introduzione di un bollino blu (vedi box nelle pagine successive).

Fotovoltaico trainante?

Dovrebbe comunque rimanere in auge la concessione dei bonus destinati a chi migliora di due classi energetiche l’edificio: secondo il tipo di opere la detrazione potrebbe essere quella prevista prima del superbonus 110%, e cioè del 50, 65%, e 70, 75, 80 o 85% per i condomini che aggiungono anche il consolidamento strutturale. In ogni caso, secondo la legge in vigore oggi, nel 2025 il superbonus scenderà ulteriormente al 65%, mentre non è più previsto il sismabonus ordinario.

Il superbonus al 70 e 65% si confronterà comunque con l’incentivo al 50% che rimane in vigore. Più esplicito Enrico Zanetti, già viceministro all’Economia nell’era di Pier Carlo Padoan, è consigliere di Giorgetti: «Il Il 70% non è superbonus, al di là del nome. Bisogna chiudere questo capitolo e tornare ai normali sismabonus ed ecobonus, che esistono senza problemi dal 2017, sempre sotto controllo e previsti già sino a fine 2024. Li allungherei di un altro triennio e integrerei nell’ecobonus condomini gli interventi fotovoltaici come trainanti.

Per gli interventi più significativi tra questi, in termini di importo e miglioramento dell’efficienza energetica o della riduzione del rischio sismico, si potrebbero anche valutare sconti o cessioni per tutti i contribuenti o per alcuni soltanto. Il tutto da fare con stime possibilmente accurate, per non lasciare ai futuri governi il caos incredibile che i precedenti hanno lasciato a questo».

di Giuseppe Rossi

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Autore: Michael