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Tetti resilienti a prova d’acqua: il punto dell’ingegnere Federico Benini

coperture

Oltre che alle fiamme, le coperture devono passare indenni anche dalla prova dell’acqua. E i tetti italiani da questo punto di vista non se la passano molto bene, come ha ricordato alla platea del convegno veronese sulle comunità energetiche Federico Benini, membro della Commissione Impianti Termotecnici e Ingegneri per il Condominio dell’Ordine degli Ingegneri di Verona e Provincia.

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«Tendenzialmente l’Italia versa in condizioni problematiche. Siamo quasi sul podio per l’incidenza delle infiltrazioni d’acqua in copertura, con una media di quasi il 20% di abitazioni interessate dal problema, dietro Paesi come Grecia, Romania, Lituania, Bulgaria», ha spiegato l’ingegnere.  «Le difficoltà sono trasversali e riguardano sia gli edifici residenziali civili sia quelli industriali, sia opere private che pubbliche, e afferiscono a problemi di progettazione, di realizzazione, di manutenzione che in Italia nessuno fa per cui le coperture vengono abbandonate a loro stesse». 

Come si è arrivati a questa situazione? «Sicuramente c’è una mancanza di progettazione da parte dei tecnici. In più, la facilità di posa di alcuni sistemi permeabili incide sulla nascita di imprese improvvisate», ha elencato Benini. «Esistono una miriade di sistemi impermeabili che sotto l’aspetto estetico sono sostanzialmente identici, e questo crea incomprensioni su cosa viene posato. A volte invece, anche nei condomini, vengono scelti prodotti volutamente scadenti nella convinzione di risparmiare. Non parliamo poi delle tempistiche di cantiere completamente errate, e la velocità e frenesia nelle lavorazioni innescate dalle detrazioni non hanno sicuramente aiutato. E poi, ultimo ma non ultimo, la famosa frase fatta: abbiamo sempre fatto così».

 

Superfici resilienti

A quali esigenze deve dunque rispondere oggi una copertura? «Sicuramente esigenze di prestazioni, dei sistemi impermeabili che vadano oltre l’aspettativa di vita, cioè oltre la garanzia postuma decennale. Oggi si parla di futura idoneità.

Pensando alle comunità energetiche, la copertura non sarà più intesa solo come una schermatura solare o una protezione agli agenti atmosferici, ma sarà qualcosa di più complicato, da gestire applicando tutti i criteri e la normativa disponibile», ha affermato il relatore.  

Tra le altre caratteristiche, da non trascurare la sostenibilità e la performance anche rispetto a condizioni atmosferiche più impattanti, che mettono a dura prova la copertura e l’intera stratigrafia.  «Tra i principali esempi di tetti resilienti troviamo le coperture fotovoltaiche, i tetti giardino, i tetti riflettenti e i tetti blu. Molte volte abbiamo un mix di queste tipologie», ha evidenziato Benini. 

Coperture performanti

Ecco nel dettaglio le principali tipologie di coperture che si prevede avranno larga diffusione nel prossimo futuro: 

Tetto solare. Su una copertura fotovoltaica il sistema impermeabile deve andare oltre l’esercizio dell’impianto, tipicamente 20-25 anni. «Mi capita invece molto spesso di vedere impianti fotovoltaici perfettamente dimensionati e funzionanti e sistemi impermeabili colabrodo che vanno sostituiti a metà della vita utile, così che l’impianto e in generale la copertura, al posto di essere un investimento, si trasforma in un costo», ha dichiarato l’ingegnere. «Fortunatamente esistono anche esempi efficaci con stratigrafie assolutamente performanti, senza ristagni d’acqua, senza degradi particolari del manto, tutto in corretta pendenza e tutto dimensionato per avere un’aspettativa di vita utile che andrà sicuramente oltre i 25-30 anni».

Tetto verde. Oltre ad avere una indiscutibile valenza estetica, il tetto verde consente di aumentare l’isolamento acustico, aumentare il carico di raffrescamento soprattutto in regime estivo, e contribuire all’assorbimento dell’anidride carbonica e dei particolati. «Chiaramente avere una copertura pensile significa avere una specie di lago sopra la testa, quindi se il sistema impermeabile non è assolutamente performante si rischia di programmare un guaio. In questi casi esiste una certificazione per le membrane destinate ai tetti verdi, la 13948, e dei test Fll più restrittivi che durano due anni. Queste membrane vengono certificate addirittura per i rizomi. Una copertura pensile deve avere due obiettivi: la tenuta idrica e la corretta evoluzione della specie erbosa, quindi la membrana deve essere esente da sostanze tossiche».

Tetto riflettente. Le cosiddette isole di calore urbano portano a un aumento di temperatura media che incide intorno ai 3-4 gradi e questo provoca una sollecitazione della copertura con un ingresso importante dell’onda di calore. Avere un sistema impermeabile bianco riflettente, oppure avere una vernice protettiva e riflettente, consente di abbassare notevolmente la temperatura di esercizio, soprattutto della membrana impermeabile, con notevoli benefici di comfort ambientale sul lato interno, e una riduzione dei costi di esercizio per condizionatori, macchine trattamento aria e quant’altro. «Non bisogna però pensare al tetto riflettente solo come al tetto bianco. Molte volte il tetto riflettente per eccellenza è il tetto giardino. Alcuni studi di ricerca internazionali mostrano in realtà come una delle soluzioni riflettenti più performanti sia data dall’utilizzo di una membrana impermeabile di colore scuro ma zavorrata con ghiaia verniciata di bianco, così oltre al concetto di riflettanza, si sfrutta il concetto di sfasamento portato dalla massa stessa», ha spiegato Benini. 

Tetto blu. Dopo l’aumento dei fenomeni di siccità, il tetto blu dovrebbe essere il tetto del futuro per eccellenza. Questa tipologia di copertura prevede che ci sia sul tetto uno stoccaggio controllato di acqua meteorica per il suo successivo riutilizzo. «Non tutti i sistemi impermeabili sono adatti a questo tipo di coperture. È necessario usare un sistema impermeabile che sia completamente atossico e che non rilasci nell’acqua degli inquinanti. Esistono dei certificati particolari e alcuni sistemi permeabili li possiedono».

Percorso progettuale

Quali passaggi dunque seguire per assicurarsi di progettare coperture resilienti e performanti? Benini ha individuato otto passaggi:

1. Realizzare uno schema funzionale, individuando il tecnico e l’oggetto che si intende progettare, ossia la tipologia di copertura continua;

2. Individuare la soluzione conforme e le sue caratteristiche in accordo con altri professionisti;

3. Individuare la soluzione tecnologica e la successione ordinata dei vari elementi e strati che dovranno comporre il sistema di copertura;

4. Individuare la soluzione tecnica, indicando la descrizione particolareggiata della sequenza dei vari elementi o strati; 

5. Verificare le soluzioni tecniche, mettendo a confronto non solo l’aspetto economico, ma anche l’aspetto funzionale;

6. Posare in opera il sistema impermeabile attraverso un applicatore specializzato con esperienza professionale;

7. Collaudare il sistema impermeabile, verificandone l’integrità e la tenuta idraulica;

8. Effettuare la manutenzione ordinaria della copertura: la Norma Uni 11540 indica i contenuti minimi del piano di manutenzione e precisa le varie attività. 

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Questione di dettagli

«Non esiste un prodotto infallibile, ma il prodotto più adatto al tipo di copertura che deve essere impermeabilizzata. Vanno prediletti sistemi permeabili che siano durabili, che abbiano prestazioni certe e resistenze all’invecchiamento certificate. Alcuni sistemi impermeabili arrivano a malapena a sopportare le 1000 ore di invecchiamento artificiale e vengono immese nel mercato come membrane marcate Ce per l’utilizzo in copertura. Altri sistemi impermeabili arrivano senza problemi a 7.500 ore. Se l’aspettativa di vita utile per una membrana standard che arriva a mille ore è di dieci anni, avere un’aspettativa di circa 7,5 volte superiore significa arrivare tranquillamente a 50 anni di esercizio», ha puntualizzato l’ingegnere.

«Un altro concetto molto importante riguarda lo spessore della parte nobile della membrana. Il manto sintetico è formato a livello generale da una parte inferiore, tendenzialmente in materiale riciclato, da un’armatura, che conferisce resistenza meccanica e una parte superiore: la parte più nobile e costosa, che è deputata all’invecchiamento artificiale e deve resistere agli agenti atmosferici. Molto importante è dunque lo spessore della parte nobile a cui affidiamo la tenuta idrica della copertura». Tra le caratteristiche da prediligere c’è anche la semplicità:

«Vanno preferiti sistemi che utilizzano rotoli o teli di grandi dimensioni che possono essere saldati ad aria calda con macchine elettroniche o giuntati a freddo per un controllo più puntuale. Da preferire anche la perfetta planarità e flessibilità dei sistemi», ha aggiunto il relatore.

Insomma, la vulnerabilità o meno di un sistema di copertura è data dai dettagli che decretano la differenza tra un lavoro eccellente e uno mediocre. «Uno degli aspetti che mi spaventa di più nelle comunità energetiche sarà gestire correttamente tutti gli attraversamenti sulla copertura a livello di impiantistica, ma anche di fissaggio delle strutture di supporto. Le comunità energetiche rappresentano una grande opportunità per un futuro sostenibile, ma per essere sostenibili devono anche garantire installazioni le cui prestazioni si ripercuotono sui sistemi di copertura, che devono essere altrettanto durabili e garantiti».

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Autore: Veronica Monaco

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