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Limitazione alla destinazione d’uso e rogito: cosa dice la Corte di Cassazione?

La Suprema Corte, con la sentenza 21024,  ha riaffermato il principio che le eventuali limitazioni della destinazione d’uso di una proprietà esclusiva, ancorché inserite nel regolamento contrattuale, debbono essere esplicitamente accettate dal successivo acquirente al momento del rogito. Infatti gli Ermellini hanno accolto il ricorso di un condomino, dove che il Tribunale di Palermo  aveva dichiarato la nullità dell’assemblea con cui i condomini avevano inserito nel regolamento condominiale un articolo che vietava di destinare le unità singole a case-famiglia, bed and breakfast, pensioni, alberghi o affittacamere, ed hanno rinviato la vertenza alla Corte d’Appello con la raccomandazione di attenersi al seguente principio: “La previsione contenuta in un regolamento condominiale convenzionale di limiti alla destinazione delle proprietà esclusive, incidendo non sull’estensione ma sull’esercizio del diritto di ciascun condomino, deve essere ricondotta alla categoria delle servitù atipiche, e non delle obligationes propter rem, non configurandosi in tal caso il presupposto dell’ agere necesse nel soddisfacimento d’un corrispondente interesse creditorio. Pertanto, l’opponibilità ai terzi acquirenti di tali limiti va regolata secondo le norme proprie della servitù, e dunque avendo riguardo alla trascrizione del relativo peso, indicando nella nota di trascrizione, ai sensi degli artt. 2659, primo comma, n. 2, e 2665 c.c., le specifiche clausole limitative, non essendo invece sufficiente il generico rinvio al regolamento condominiale”. Quindi, se ne deduce che, quando il regolamento di condominio contiene una limitazione all’uso della proprietà individuale, tale limitazione deve essere esplicitamente riportata nella trascrizione dell’atto di acquisto.

Distanze minime condominiali, la sentenza della Cassazione

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Autore: Virginia Gambino